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Funziona ancora il guerrilla marketing?

2/12/2025

Assolutamente sì, quando fatto bene. In un mondo in cui siamo bombardati da messaggi, banner, ADV e video pre-roll a cui non prestiamo più attenzione, il guerrilla marketing è quell’amico che arriva all’improvviso e ti sorprende con qualcosa di inaspettato. È l’arte di conquistare l’attenzione senza chiedere permesso, trasformando luoghi di vita quotidiana in un set, e persone distratte in spettatori attivi. È creativo, spesso coraggioso, a volte irriverente. Ma soprattutto è memorabile

Che cos’è il guerrilla marketing e chi ha inventato il suo nome?

Questo termine nasce negli anni ’80 grazie a Jay Conrad Levinson, uno scrittore americano che ha rivoluzionato il mondo della pubblicità. Prende in prestito il concetto di “guerriglia” (sì, proprio quella militare) trasformandola in un approccio di comunicazione fatto di colpi a sorpresa, mosse inaspettate e creatività spiccata. L’idea era semplice: se vuoi farti notare devi emergere e fare qualcosa di diverso dagli altri.

Da qui nasce il concetto di marketing non convenzionale, un termine ombrello che indica tutto ciò che rompe lo schema, che non vuole solo essere visto ma anche ricordato. Rientra in questa categoria anche il marketing emozionale, che sfrutta le emozioni per creare una connessione emotiva con il brand. 

Di tecniche di  guerrilla marketing invece ne esistono due: indoor, quando un negozio, un’università o persino una stazione diventano il set improvvisato di un’idea che spiazza, o outdoor, dove lo spazio urbano viene hackerato con un cartellone inaspettato, un oggetto fuori posto o un’installazione che trasforma la città in un “ehi, guarda che bello!”.

Guerrilla marketing vs ambient marketing: sono la stessa cosa?

Non proprio. “Guerrilla marketing” è un termine ombrello che include strategie di marketing non convenzionali, basate su sorpresa e stupore, creatività ed engagement, lambient marketing invece è una sotto categoria, più sottile, che trasforma l’ambiente esistente in un messaggio creativo, mimetizzandosi e integrandosi nella scena quotidiana. Un esempio? I gradini-pianoforte installati da Volkswagen in una stazione della metropolitana di Stoccolma.

Ogni scalino suonava una nota quando qualcuno ci passava sopra, con l’obiettivo di far scegliere le scale invece della scala mobile, mostrando come “rendere le cose divertenti” possa cambiare i comportamenti delle persone. È un po’ su questo concetto che si basa il nudge (letteralmente “spinta gentile”), ovvero l’implementazione di una modifica o un cambiamento che orienta le decisioni delle persone in modo sottile, gentile e semplice.

Come progettare una campagna di guerrilla marketing

Progettare una campagna di guerrilla marketing non è solo questione di uscire dagli schemi, richiede metodo: 

  • Senza aver identificato il target non si va lontano, il primo step è quindi quello di analizzare il pubblico: chi sono le persone che vuoi sorprendere, cosa le fa reagire, dove si muovono ogni giorno.
  • Si passa poi alla pianificazione, decidendo obiettivi, tempi e luoghi in cui sviluppare la campagna. 
  • La fase operativa e di creatività sono il cuore pulsante del guerrilla marketing: si può procedere con installazioni, stunt, performance improvvise o qualsiasi altra cosa che possa includere non solo il senso della vista.
  • Sulla carta tutto bello, ma poi si deve passare alla pratica! La realizzazione della campagna può prevedere anche il coinvolgimento attivo e diretto del pubblico, che in alcuni casi diventa parte della campagna. Si possono creare concorsi, eventi o varie attività social.
  • Tutto finito. E poi? Come si misura il successo della campagna? Gli strumenti per farlo sono diversi: dai social media analytics per valutare l’engagement, a Google Analytics per tracciare visite, conversioni e comportamenti sul sito, ai tassi di apertura delle mail.  È fondamentale stabilire i KPI giusti, tutti quelli che ci permettono di capire se la campagna ha fatto centro. Si arriva così a valutare il ROI, ovvero il rapporto tra costo e sbattimenti vari, e il valore generato dalla campagna.

5 esempi vincenti di campagne di guerrilla marketing

1. The Garbage Patch State

  • Anno: dal 2013
  • Obiettivo: sensibilizzare sulla problematica della plastica dispersa in fiumi, mari e oceani: è difficile immaginarne la quantità perchè gli oceani sembrano infiniti. L’artista Maria Cristina Finucci ha creato arte dai rifiuti, attraverso installazioni realizzate con sacchetti e plastiche riciclate per rappresentare “isole” di rifiuti,
  • Perché ha funzionato: ha reso evidente, e sotto gli occhi di tutti, una questione che sembra quasi astratta. Trasforma l’intangibile (il problema dell’inquinamento plastico) in qualcosa di visibile, concreto, tangibile, spingendo chi osserva ad acquisire consapevolezza e confrontarsi con la realtà piuttosto che ignorarla.
The Garvage Patch State

2. ProteggiMI

  • Anno: 2022
  • Obiettivo: Ce la concedi un po’ di autoreferenzialità? Nel 2022 abbiamo voluto far sentire la nostra voce per denunciare l’assenza di spazi dedicati alla mobilità sostenibile in città. Abbiamo radunato circa 300 persone e creato una una “catena umana” che ha protetto per ore la corsia di Viale Monza.
  • Perché ha funzionato: ha portato il problema direttamente sulla strada, trasformando un problema astratto in qualcosa di immediatamente visibile, mostrando con la nostra stessa presenza quanto siano poco sicure le strade di Milano. La forza della scena ha reso l’urgenza del tema impossibile da ignorare, costringendo istituzioni e media a parlarne.
ProteggiMi ciclabile umana

3. Melting polar bear – WWF

  • Anno: 2008
  • Obiettivo: 17 anni fa il tema del riscaldamento globale era ancora più ignorato di quanto non lo sia oggi. Tramite l’installazione di sculture di ghiaccio di orsi polari che si scioglievano lentamente sotto gli occhi dei passanti, WWF ha mandato un segnale forte e chiaro: climate change is real, ed è anche un enorme problema.
  • Perché ha funzionato: zero parole, massima potenza visiva, messaggio diretto che spinge alla riflessione.
melting polar bear campagna WWF

4. The moldy whopper – Burger King

  • Anno: 2020
  • Obiettivo: Disclaimer: lungi da noi essere fan dei fast food, ma questa campagna meritava comunque di essere menzionata – la pubblicità intorno ai burgers è spesso disruptive! In questo caso l’obiettivo di Burger King era dimostrare trasparenza, mostrando che i propri prodotti, per quanto criticati perché si ritiene siano pieni di conservanti al punto da sembrare finti, in realtà non ne contengano. Il Visual rappresenta un Burger completamente ammuffito, segno appunto che anche un panino di Burger King non è immortale.
  • Perché ha funzionato: anche se può sembrare disgustoso, il brand ha osato, creando un forte contrasto rispetto alle solite immagini di panini fragranti e invitanti. L’impatto mediatico è stato forte, e il posizionamento ancora più chiaro: Burger King non si nasconde dietro a un dito.
Moldy Whopper Burger King

5. Koala of NYC – Burger King

  • Anno: 2020
  • Obiettivo: qualche anno fa, mentre l’Australia bruciava ininterrottamente, L’agenzia media Cummins & Partners (con sedi a Melbourne, Sydney e New York) ha utilizzato un modo efficace e intelligente per raccogliere delle donazioni e salvare la popolazione faunistica. Ha posizionato diversi koala di peluche nei luoghi iconici della Grande Mela, come Times Square, Empire State Building e Brooklyn Bridge con un bigliettino attaccato alle loro zampe.
  • Perché ha funzionato: ha trasformato un’emergenza lontana in qualcosa di vicino, tangibile e impossibile da ignorare. Posizionare koala di peluche nei luoghi iconici di New York ha creato un contrasto emotivo potentissimo: animali simbolo della fauna australiana “sperduti” in mezzo alla città più famosa del mondo. Questo cortocircuito visivo ha catturato immediatamente l’attenzione dei passanti e dei media, generando curiosità, empatia e senso di responsabilità.
Campagna Koalas of NY

Le campagne di guerrilla di Sottosopra Comunicazione

  • Nella sede di MSD Animal Health abbiamo fatto trovare canestri e campi da basket davanti all’ascensore e persino in bagno.
  • Per il lancio di ComON, la Settimana della Creatività di Como, la città si è svegliata tinta di giallo, tra nastri, palloncini e libri gialli in sharing (qui però c’è un che di vandalico perché gli imprenditori comaschi si son fatti prendere la mano)
  • Per il lancio di un prodotto veterinario abbiamo allestito spazi non consueti giocando sul dualismo della campagna. 

Guerrilla sì, ma fino a che punto è lecito provocare?

Il guerrilla marketing è potente proprio perché rischioso. Quando qualcosa va storto (o il messaggio non viene capito), è un attimo che l’effetto sorpresa si trasformi in panico, caos o una figuraccia memorabile, ed è successo diverse volte:

Nel 2007 Cartoon Network ha lanciato una campagna per promuovere la serie Aqua Teen Hunger Force, installando in varie città delle “scatole luminose” con un personaggio pixelato che faceva il dito medio. Peccato che a Boston qualcuno ha scambiato queste installazioni per ordigni esplosivi, e in un attimo si è generato il panico totale, con la città in allerta, strade chiuse e artificieri mobilitati. Cosa ci portiamo a casa: fondamentale considerare il contesto, la sensibilità del pubblico e le possibili conseguenze.

Oppure Snapple, che nel 2005 voleva entrare nel Guinness dei primati con il ghiacciolo più grande del mondo: ha installato un enorme blocco di ghiaccio aromatizzato alto oltre 7 metri in una piazza di Manhattan. La temperatura era però troppo alta e il ghiacciolone ha iniziato a sciogliersi subito, allagando la piazza con litri di succo appiccicoso e creando disagi e pericoli ai passanti. Vero che nel guerrilla marketing serve creatività, ma anche un minimo di studio per verificare la fattibilità della campagna.

Snapple icicle

Insomma: la provocazione e l’uscire dagli schemi sono leciti (efficienti, ed apprezzati) se ben calcolati, altrimenti rischiano di generare l’effetto opposto, causando un danno economico e reputazione al brand, e mettendo in pericolo le persone. E proprio come accade con l’ironia nella comunicazione, anche nel guerrilla marketing il confine tra “effetto wow” e flop è sottilissimo.

L’idea è più importante del budget

Il guerrilla marketing rimane una delle tecniche di marketing più efficaci, che rientra nel grande cappello del marketing emozionale.
F​​unziona perché attiva le emozioni (positive o negative che siano: stupore e ilarità, ma anche presa di consapevolezza, senso di responsabilità o tristezza), diventando memorabile. Non servono budget stellari, serve ingegno, saper leggere i dubbi e i pensieri del consumatore, riuscire a comunicare un messaggio forte in modo assertivo ma senza spaventare: se fatto bene, il beneficio che ne deriva è assicurato.