Perché Patagonia, Ikea e Lego stanno investendo nell’economia circolare.

3 Dicembre 2020 Sottosopra comunicazione

Perché Patagonia, Ikea e Lego stanno investendo nell’economia circolare.

I marchi che non si convertono all’economia circolare saranno presto tagliati fuori dai giochi. Quella che fino a pochi anni fa sembrava una scelta etica di poche aziende, oggi si sta affermando come il nuovo modello di business per eccellenza. Volenti o nolenti, i marchi devono rispondere con iniziative innovative, intelligenti e creative che aiutino a preservare le risorse naturali.

Da Patagonia a Lego, sono sempre di più le organizzazioni che credono ci sia molto da guadagnare dallo sviluppo di un prodotto più durevole, più facile da riparare e infine da smaltire.

Adottare un modello di economia circolare significa affrontare il tema del consumo eccessivo che ha contraddistinto questi ultimi decenni e ragionare a lungo termine. Come andiamo ripetendo, e lo faremo fino alla noia, uno degli errori più frequenti è associare l’economia circolare al solo smaltimento dei rifiuti. Ma il problema è a monte.

Con una visione circolare, i prodotti dovranno essere ripensati all’origine per durare il più a lungo possibile, per consentire il riuso dei materiali e per essere facilmente smaltiti una volta raggiunto il fine vita. Tutto questo traendo vantaggi economici oltre che ambientali.

Certo, una bella sfida se pensiamo che fino a ieri ha dominato la logica del prodotto programmato-per-durare-un-tubo in molti settori, dalla tecnologia alla moda agli elettrodomestici.

Ma la sfida è necessaria, semplicemente perché così non si può andare avanti.

Lo hanno capito anche i Governi di mezzo mondo e lo hanno sottoscritto i paesi europei firmando l’accordo di Parigi per limitare il riscaldamento globale e affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici.
Le legislazioni ormai estese a tutti i paesi europei impongono alle aziende di essere sul pezzo, in altri termini è ora di imparare un nuovo modo di fare impresa, rispettoso socialmente e attento all’ambiente.

Vediamo allora 3 esempi virtuosi di economia circolare che possono essere di ispirazione per ogni imprenditore.


Patagonia, circolare dalla nascita.

Patagonia | vote the assholes out

Facciamo una premessa forse superflua: Patagonia è nata sostenibile, non lo è diventata. Merita un posto di rilievo per il suo innato impegno ambientale, valoriale, umano e politico. Basti pensare alla recente affermazione dell’azienda in riferimento al movimento Black Lives Matters, che con grande umiltà chiedeva perdono alla comunità afroamericana per non aver fatto abbastanza:

“Ci scusiamo per il danno che abbiamo causato.” Chapeau! Potete leggere qui lo statement completo.

Altro esempio, è la presa di posizione netta durante le elezioni americane, con la campagna “Vote the a-holes out”: una chiamata forte e chiara per rimuovere i politici che guadagnano dagli interessi del petrolio e ostacolano le politiche ambientali.

Abbiamo chiesto a Stefano Bassi, Environmental Community Organizer di Patagonia Italia, qual è la sintesi della strategia circolare del brand.

“La riassumerei in tre punti:

1. riparare

Allungare la vita del prodotto in tutti i modi, prima di tutto riparandolo. Per questo abbiamo inventato il Worn Wear, per educare le persone a riparare i capi prima di buttarli via e comprarne di nuovi. E’ un po’ un paradosso per noi che produciamo e vendiamo abbigliamento ma c’è in giro già troppa roba spesso inutilizzata. Riparare e allungare la vita di un capo vuol dire innanzitutto prendersene cura. In questo modo diventi il proprietario di quel capo e non solo consumatore, che lo prende e lo usa magari due volte. Allungando la vita del prodotto se ne diminuisce l’impatto sul pianeta.”

2. rivendere

Le cose che non utilizziamo più ma che sono intatte possono essere rivendute, non è un caso che il mercato del second hand sia in crescita. Negli Stati Uniti Patagonia ha attivato un programma di Worn Wear che si occupa di vendita dei capi di seconda mano. Con questo progetto stringiamo una vera e propria partnership con il cliente, che in qualche modo viene ingaggiato in un circolo virtuoso.

3. ricreare

E poi c’è tutto il tema del ReCrafted, che significa creare un capo da due o più capi inutilizzati. In questo è l’unicità del pezzo a rendere particolarmente appetibile la collezione di upcycling Patagonia, per ora presente sul sito americano ma stiamo lavorando per portarla anche in Europa.”


IKEA punta al second life

IKEA sposa la “second life” con la campagna #GreenFriday, che invita i clienti a rivendere i propri mobili usati Ikea per dar loro una seconda vita. L’iniziativa, che termina il 6 dicembre, fa parte delle recenti strategie commerciali del brand svedese, sempre più orientate al business circolare.

Second hand

L’azienda ha anche aperto in Svezia il primo store di mobili IKEA di seconda mano, al momento come temporary store all’interno di un centro commerciale. 

Brand extension

Si vocifera che il colosso svedese stia pensando a un sistema di pezzi di ricambio per allungare il ciclo di vita dei suoi prodotti riducendo così il loro footprint.

Noleggio

Altra iniziativa interessante è la possibilità di affittare i mobili IKEA, una sperimentazione partita in Svizzera nel 2019 che dà la possibilità ai clienti di prendere in leasing arredi e accessori soprattutto del settore office.

In questa affermazione di Pia Heidenmark Cook, Chief Sustainability Officer di IKEA, c’è tutto il senso della trasformazione del gruppo. “La visione di IKEA è sempre stata quella di migliorare la vita quotidiana al maggior numero di persone, che nel momento attuale significa permettere a tutti di vivere una vita sostenibile, in modo semplice e accessibile. Essere circolari è un’ottima opportunità di business e, al tempo stesso, una responsabilità. La crisi climatica ci impone di ripensare radicalmente le nostre abitudini di consumo. Un’economia circolare si può raggiungere solo attraverso gli investimenti e la collaborazione con i clienti, le altre imprese, le comunità locali e i governi, in modo da azzerare i rifiuti e innescare un ciclo di riparazione, riutilizzo, riadattamento e riciclaggio”.


LEGO, zero emissioni entro il 2022.

Lego

Sostenibilità ambientale e responsabilità sociale sono al centro degli obiettivi di Lego Group, che su queste tematiche investirà circa 400 milioni di dollari nel corso dei prossimi tre anni.

L’azienda dei mattoncini più famosi del mondo ha fatto una riflessione sul futuro delle nuove generazioni e ha deciso di prendersene cura con diverse azioni:

Materiali sostenibili

I sacchetti di plastica monouso utilizzati per l’imballaggio dei mattoncini verranno sostituiti con sacchetti di carta riciclata certificata FSC per arrivare a utilizzare materiali 100% sostenibili entro il 2025.

Azioni sociali

Grazie alla partnership con UNICEF e con altre organizzazioni, l’azienda danese si impegna a sviluppare programmi che aiutino ogni anno 8 milioni di bambini a imparare giocando.

Lego Replay

La durata dei mattoncini e il loro design intramontabile sono alla base delle numerose iniziative che incoraggiano a donare i mattoncini ad altri bambini.

Pannelli solari

Il potenziamento degli impianti ad energia solare in tutti gli stabilimenti consentirà di raggiungere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2022.


Vuoi saperne di più sull’economia circolare? Te lo spiega uno dei massimi esperti, Carlo Ghiglietti, in questa intervista: Economia circolare e business.

 

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