Quando il timore del fraintendimento ostacola la creatività: lo scenario della pubblicità ironica in Italia
2/07/2025
Qui in agenzia dedichiamo molto tempo all’analisi di campagne pubblicitarie italiane ed estere: fa parte del nostro lavoro rimanere aggiornate sui trend e su come variano i linguaggi nel tempo e da Paese a Paese. La pubblicità che fa ridere (o sorridere con intelligenza) sta conquistando sempre più spazio nella comunicazione dei brand all’estero. Non è solo una questione di tono: l’ironia è uno strumento potente per distinguersi, creare empatia e lasciare il segno. Eppure, in Italia resta ancora uno strumento da maneggiare con cautela, molta. Non ti sorprende? Purtroppo, neanche a noi.
Che cos’è la pubblicità ironica? Ironic Selling Proposition e potenziale comunicativo
Nel mondo della comunicazione lacrime e risate sono due lati della stessa medaglia: le prime vengono sfruttate nel marketing emozionale, le seconde nella pubblicità ironica – o, per usare uno di quegli inglesismi che ci piacciono tanto, l’ “ironic selling proposition“.

Questo termine è l’evoluzione del classico concetto di marketing della unique selling proposition in chiave ironica, che punta a far sorridere nella comunicazione. Ma il fine di queste due strategie è lo stesso: catturare l’attenzione del consumatore, che è sempre più difficile da conquistare, creare una connessione tra brand e consumatore, essere memorabile.
Quali sono le caratteristiche della comunicazione ironica?
- Doppio livello di lettura: dice una cosa, ma intende l’opposto o altro ancora, giocando con il pubblico e creando un legame di complicità
- Umorismo intelligente: punta a far sorridere, ma anche a far pensare
- Rottura delle convenzioni: prende in giro stereotipi pubblicitari, cliché o persino i propri prodotti/brand
- Coinvolgimento attivo e creazione di un legame: chi guarda deve “capire la battuta”, e se la apprezza entrerà a far parte di un gruppo di persone che hanno colto l’ironia, che sono state al gioco
Auto ironia in pubblicità
Ridere di sé ogni tanto, fa bene. Lo hanno capito anche alcuni brand, che integrano l’autoironia nella propria strategia di comunicazione. L’obiettivo? Conquistare una community e fidelizzarla.
Il motivo per cui è così importante creare community si cela dietro a cambiamenti generazionali: i millennials di oggi hanno un elevato spirito critico, danno la loro fiducia a brand trasparenti, in grado di smascherare anche le proprie debolezza e rivelare il proprio lato umano. Ecco perché non prendersi troppo sul serio può essere un’ottima strategia per la conquista di un’audience difficile, ma con un alto potenziale di fedeltà.
2 campagne pubblicitarie ironiche straniere
Le pubblicità ironiche hanno un grande successo nei paesi esteri: Stati Uniti e Nord Europa. Regno Unito, Paesi Bassi, Svezia, Norvegia e Finlandia hanno un grande senso dell’umorismo, dell’auto ironia, e una cultura più informale che ben si predispone a una comunicazione fuori dagli schemi.
Fra le nostre campagne preferite:
H3: 1. Duolingo – #TattooDuoOver
Anno: 2022
Di cosa parla:
Hai in mente quelle persone che si fanno coinvolgere talmente tanto da una cultura, al punto da tatuarsi qualche parola in quella lingua, pur non conoscendola bene? Ecco, su questo Duolingo ci ha fatto una campagna, sottolineando l’importanza di imparare le lingue prima di farsi tatuaggi in idiomi stranieri. Il brand ha invitato gli utenti a condividere foto dei propri tatuaggi mal tradotti con l’hashtag #TattooDuoOver, offrendo in cambio un mese gratuito sulla piattaforma e, per alcuni fortunati, un viaggio a Parigi con la possibilità di correggere il tatuaggio in uno studio rinomato.
Funziona perchè:
La campagna fa ridere senza risultare offensiva, trasformando un errore molto comune in un’opportunità di apprendimento. Duolingo invita gli utenti a condividere le foto, rendendoli parte attiva della campagna e fornendo un premio creativo ma anche utile, senza dubbio memorabile.
2: Slush – Embrace the darkness
Anno: 2016
Di cosa parla:
Slush organizza eventi per startup in ambito tech, a Helsinki. Ma la combo Novembre+Finlandia non è molto attrattiva: 7 ore di luce diurna e temperatura media di 1.5°C. Slush accoglieva i partecipanti con uno striscione provocatorio:
“Nobody in their right mind would come to Helsinki in November.
Except you, you badass.
Welcome.”
(“Nessuno sano di mente verrebbe a Helsinki a Novembre.
Ma tu no. Tu sei uno tosto.
Benvenuto”.)
Il contesto poco accogliente di Helsinki a novembre viene sfruttato per creare un senso di appartenenza e determinazione tra i partecipanti.
Funziona perchè:
Anzichè mascherare i lati negativi di Helsinki, Slush li abbraccia, creando un posizionamento audace e indimenticabile. Usa un tono di voce autoironico e provocatorio e fa leva sull’orgoglio dell’outsider: sei qui, sei diverso, sei tosto.

Ironia nella pubblicità in Italia: tra provocazione e rischio backlash
L’ironia nella pubblicità se è ben calibrata genera effetti positivi, generando un’esperienza ludica che il consumatore (considerato maturo, intelligente e selettivo) può vivere con piacere, attivando il ricordo della marca.
Ma perché questa strategia viene applicata così poco in Italia? Siamo forse consumatori poco maturi, un po’ noiosi e poco selettivi? Siamo semplicemente troppo permalosi? O forse c’entra la Chiesa? Ebbene si, in un paese cattolico e conservativo come il nostro l’umorismo pubblicitario deve tener conto della spiccata sensibilità culturale e della scarsa apertura mentale, altrimenti fa una brutta fine: è già capitato che alcune pubblicità finissero tra le maglie della censura perché lesive delle convinzioni morali, civili e religiose, oppure considerate indecenti e volgari. In questi casi, al posto di effetti positivi si scatenano backlash e shitstorm.
Brand come Taffo riescono a distinguersi grazie a un’identità comunicativa coerente e audace, ma non tutti possono permettersi lo stesso tono. In Italia l’ironia funziona solo se ritenuta autentica e contestualizzata: altrimenti, il rischio di essere travisati o accusati di insensibilità è altissimo.
H2: 3 campagne ironiche italiane
H3: 1. Maledette Biciclette Milanesi
Maledette Biciclette Milanesi è un collettivo che ironizza contro chi critica l’uso eccessivo delle bici a Milano, definendole inutili, preferendo le automobili che invadono la città.
Tutta la loro comunicazione è ironica, a partire dal nome del collettivo. Un contenuto che ci ha fatto particolarmente ridere è questo reel che ironizza sul fatto che anche il TG5 abbia elogiato le cargo bike, definendole “lato oscuro”.
Questa pagina funziona bene non solo perché sfrutta l’ironia, ma anche perchè tratta di una tematica attuale e sentita da molti. Usare la bici nella propria comunicazione è un’idea vincente perché il messaggio è positivo, ma soprattutto forte e catalizzatore: si crea inevitabilmente una community di persone che condividono valori e idee.
2: Taffo – O state a casa o staremo tutti in cassa
Anno: 2020
Di cosa parla:
Durante la pandemia, Taffo ha lanciato questa campagna per sensibilizzare sull’importanza del lockdown. Il gioco di parole tra “casa” e “cassa” (funebre) ha reso il messaggio diretto e memorabile.
Funziona perchè:
Questa campagna non solo è perfettamente in linea con il black humour che caratterizza il brand, ma si spinge oltre, ironizzando e sensibilizzando allo stesso tempo, con l’obiettivo di arginare la pandemia. La risata ti scappa, ma il fine del messaggio è nobile.

H3: 3. Ceres – “Ammazziamoci di saghe”
Anno: 2015
Di cosa parla:
Dall’uso dell’ironia e il rimando al mondo streaming sono nate diverse pubblicità efficaci, fra cui quella di Ceres. I post di punta della campagna sono quattro: Brew Detective, House of Beers, C-Files e Black Birror (ispirati rispettivamente – anche in veste grafica – a True Detective, House of Cards, X-Files e Black Mirrorr).
Funziona perchè:
La decisione di avvicinarsi al mondo delle serie tv risulta vincente perché lo streaming è diventato un cult nel settore dell’intrattenimento. I giochi di parole e le immagini evocative fanno sorridere, risultano memorabili e ampliano anche il target di riferimento del brand, conquistando i grandi fan di tutte le serie prese in considerazione.
H3: 4. Vigorsol – “A fresh air explosion”
Anno: 2007
Di cosa parla:
Nel nuovo film d’animazione lo scoiattolo si trovava al Polo Sud, intento a salvare i pinguini dal fenomeno del surriscaldamento climatico grazie alla freschezza esplosiva del chewing gum
Funziona perchè:
È in linea con il tone of voice del brand e ne rafforza il posizionamento, lo storytelling paradossale veicola un messaggio semplice che si fissa nella mente. Il brand riuscì a cavalcare l’onda lunga dei dibattiti nei programmi televisivi e online, ammassando visualizzazioni su YouTube e download di suonerie (vi ricordate quel tremendo periodo tremendo?). L’eco del successo diede vita ad una nuova collaborazione tra Perfetti e WWF per sensibilizzare il grande pubblico sul cambiamento climatico. Bravi.
H2: Quando l’ironia non funziona: limiti, rischi e contesti da evitare
Il tono di voce ironico è un’arma a doppio taglio: può attrarre e distinguere, ma anche confondere o alienare. I principali rischi sono legati ad ambiguità, a messaggi che banalizzano tematiche importanti, offese a categorie specifiche (anche involontarie): ironizzare su temi delicati come salute, disabilità, questioni di genere o cultura può generare backlash e danneggiare la reputazione del brand.
Un esempio è Pepsi, che nel 2017 ha usato un tono ironico e leggero per affrontare temi sociali importanti e attuali, come le proteste per i diritti civili. Lo spot mostrava Kendall Jenner che “risolveva” una protesta offrendo una lattina di Pepsi. Il messaggio ironico era troppo ambiguo, banalizzava un tema delicato e risultava fuori target rispetto all’attivismo reale, scatenando così un backlash pesante.
In Italia ci vuole anche meno per condannare una pubblicità: la campagna di Amica Chips con Rocco Siffredi usava copy allusivi, “io le patatine le ho provate tutte, americane, francesi, tedesche, con la sorpresa”; “fidati di uno che le ha provate tutte, amica chips è la migliore!” Geniale, ma non fece ridere tutti. La campagna è stata definita volgare e sleale, violando gli articoli 9 (violenza, volgarità, indecenza) e 10 (convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona) del codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Dopo aver ricevuto numerose segnalazioni, il Giurì ne dispone la cessazione».
Serve più ironia nella pubblicità italiana?
In un panorama comunicativo spesso affollato da messaggi istituzionali o eccessivamente “seriosi”, è indubbio che l’ironia rappresenti un vantaggio competitivo per i brand italiani. Nonostante la maggiore prudenza culturale rispetto ad altri paesi, alcune campagne ironiche dimostrano che l’ironia, se ben calibrata, può generare un forte coinvolgimento, aumentare la memorabilità e creare una relazione autentica con il pubblico.
La linea tra far sorridere e risultare immorali, volgari o insensibili però è sottile, soprattutto in Italia. Ma non possiamo permetterci di essere un po’ meno rigidi, di mettere da parte perbenismo e moralismo, che rischiano solo di ostacolare la creatività di aziende che in realtà cercano solo di essere creative e originali, senza offendere o mancare di rispetto a nessuno? In fondo l’ironia ben fatta non è superficialità, ma una forma di originalità e coraggio comunicativo.