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Mobilità attiva: un tema (anche) di salute pubblica – intervista con la cardiologa Laura Dalla Vecchia

20/06/2025

Per capire cosa è la mobilità attiva bisogna fare un passo indietro. La sedentarietà e l’alimentazione sbagliata sono tra i principali fattori di rischio di malattie croniche tra cui diabete, malattie cardiovascolari, depressione e obesità.

Il lavoro in ufficio, gli spostamenti in automobile, l’alimentazione scorretta sono tutti problemi che richiedono terapie diverse ma che, secondo la  Federazione Italiana di Cardiologia (IFG) hanno in comune la stessa cura, ossia l’attività fisica, che avrebbe un’efficacia addirittura superiore alla terapia farmacologica nella prevenzione e trattamento di queste malattie.

Nonostante ciò, solo il 42% della popolazione italiana tra i 18 e i 69 anni pratica almeno i 150 minuti a settimana  raccomandati dall’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di attività fisica legata alla mobilità attiva (camminare o andare in bici) e le percentuali più basse si osservano nel sud Italia (ad esempio, Campania 26% e Sicilia 27%).

Ma perché gli spostamenti sono considerati una perdita di tempo?

Il paradosso che viviamo è quello di relegare il movimento fisico tendenzialmente in spazi chiusi, che spesso raggiungiamo in macchina. L’esempio della palestra è significativo: invece di raggiungerla a piedi o in bicicletta spesso prendiamo l’auto proprio per andare a fare la stessa cosa in un luogo artificiale: camminare (sul tapis roulant), pedalare (sulla cyclette) o giocare a padel indoor!

La mobilità attiva significa dunque questo: “sfruttare” gli spostamenti abituali per fare movimento promuovendo allo stesso tempo anche la mobilità sostenibile: meno traffico e inquinamento, più salute personale e collettiva.

ragazza in bici con il casco

Mobilità attiva: cosa dice l’OMS (e cosa pensiamo noi)

Secondo l’OMS la mobilità attiva si riferisce a

“tutte le modalità di trasporto attivo che non utilizzano mezzi motorizzati ma si basano sull’attività fisica, ossia muoversi a piedi o andare in bicicletta”

Questa definizione ci aiuta a capire il nesso tra attività fisica, mobilità attiva e mobilità sostenibile.

Nella nostra società sedentaria l’attività fisica è generalmente associata al tempo libero, la mobilità attiva rende invece gli spostamenti abituali un’occasione per fare movimento. È un cambio di paradigma: spostandosi in modo attivo e quindi a piedi o in bicicletta, non solo si ottengono i livelli di attività fisica raccomandati dall’OMS ma si introiettano i capisaldi della mobilità sostenibile: diminuire traffico e smog.

Ecco quindi gli scenari che si aprono: protezione della salute personale e collettiva, rinuncia ai mezzi motorizzati, , protezione dell’ambiente e maggiore interazione sociale.

L’associazione Genitori Antismog confronta la mobilità sostenibile con la mobilità attiva:  la mobilità sostenibile è

“un sistema integrato tra diverse modalità di trasporto (tra cui i mezzi pubblici) che ha come scopo la riduzione del traffico e dell’inquinamento; la mobilità attiva comporta invece anche del movimento fisico in prima persona”

Un doppio vantaggio che ha tanti benefici e nessun costo.

Perché la mobilità attiva è un tema di salute pubblica?

Perché è un importantissimo strumento di prevenzione che ha ricadute positive sulla salute di tutti. Gli indiscussi benefici ambientali, sociali e anche economici che essa comporta hanno spinto l’OMS a redigere delle linee guida per stabilire i livelli minimi di attività fisica da fare per tenersi in salute.

Concretamente si parla di benefici psichici come la riduzione di ansia, depressione e stress e benefici fisici come la riduzione del rischio di cancro al colon e al seno, diabete di tipo 2 e patologie cardiovascolari.

Cosa serve quindi per incentivare le buone pratiche? È fondamentale  integrare la mobilità attiva nei piani urbani e sanitari locali; formare innanzitutto i professionisti sanitari per promuovere la mobilità attiva come parte integrante della prevenzione; creare consapevolezza sul rapporto tra mobilità e salute mentale, disuguaglianze sociali e sicurezza. Per capire la forza di queste azioni integrate è utile guardare all’esempio di Valencia, dove grazie allo sforzo dell’amministrazione e dell’Assessore Giuseppe Grezzi (eh sì, è italiano!) oggi possiamo toccare con mano i benefici di una città vivibile e attiva. Perché se i dati e le statistiche servono per rafforzare una tesi, nulla è più efficace che sperimentare in prima persona il cambiamento.

Cosa raccomanda l’OMS: 20 minuti di salute!

Lo sapevate che secondo l’OMS bastano solo 20 minuti di attività fisica al giorno per fare uno straordinario lavoro di prevenzione?! Un impegno davvero ragionevole che si può mettere in pratica semplicemente con gli spostamenti abituali!

L’OMS consiglia la mobilità attiva proprio nella direzione della prevenzione. Le sue linee guida stabiliscono il tracciato per stare in salute e prevenire una serie di malattie, anche per le quali apparentemente non c’è un nesso con il movimento fisico. L’OMS considera l’inattività fisica tra i primi quattro fattori di rischio per la mortalità nel mondo al pari del fumo, dell’alcool e dell’alimentazione scorretta.

Le indicazioni sono chiare: le persone vengono classificate come “fisicamente attive” quando raggiungono almeno 150 minuti settimanali a piedi o in bicicletta per i loro tragitti abituali, (i nostri 20 minuti quotidiani di salute) in sessioni di almeno 10 minuti consecutivi.

Qui gli approfondimenti.

Mobilità e sedentarietà: l’allarme dei cardiologi. Ne parliamo con la Dr.ssa Laura Adelaide Dalla Vecchia 

La sedentarietà allarma i medici e soprattutto i cardiologi e per questo abbiamo chiesto alla dr.ssa Laura Adelaide Dalla Vecchia* di rispondere ad alcune domande che riguardano le conseguenze di una vità poco o per nulla attiva.

1. Quali sono i principali rischi per la salute associati alla sedentarietà?

La sedentarietà aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, neurodegenerative, metaboliche oltre che tumorali, ortopediche, reumatologiche.

Il cuore di un 40enne che non abbia fatto attività fisica ha una disfunzione che una persona che fa attività fisica regolare sviluppa 30-35 anni dopo. Il dato preoccupante è che solo 1 persona adulta ogni 4 raggiunge i livelli di attività fisica raccomandati dall’OMS.

2. Perché è così importante promuovere la mobilità attiva nella vita quotidiana?

La mobilità attiva è la risposta più semplice ed efficace per raggiungere i livelli di attività fisica raccomandata, che a cascata riduce il peso corporeo in eccesso, migliora la pressione arteriosa, la glicemia e l’umore, per fare qualche esempio e soprattutto riduce l’infiammazione che è il meccanismo alla base delle principali malattie Cardiocerebrovascolari.

3. Quali azioni possono mettere in campo le istituzioni per incentivare l’attività fisica?

Creare un ambiente metropolitano favorevole, più sicurezza sulle strade per andare a piedi o in bicicletta ad esempio, vie pedonali e ciclabili, favorire la convivenza dei diversi mezzi di trasporto, fornire mezzi pubblici efficienti e sostenibili, diffondere la cultura della mobilità attiva.

due scene di bicicletta in città

E poi migliorare la comunicazione tra cittadini e decisori per poter rispondere alle necessità e permettere anche di esprimere bisogni consapevoli e sostenibili.

Le città respirano meglio grazie alla mobilità sostenibile

Le nostre città hanno il fiato corto. Le polveri sottili emesse dalle auto causano problemi all’apparato respiratorio e al sistema cardiocircolatorio. La mobilità sostenibile è uno strumento concreto per migliorare la qualità dell’aria e le infrastrutture sono fondamentali per incentivarla. Interventi come le ZTL, car sharing, bike sharing e piste ciclabili riducono significativamente le emissioni di gas serra e migliorano la qualità dell’aria nelle aree urbane.

Queste non sono semplici opinioni ma dati scientifici: secondo il Consiglio dell’Unione Europea i trasporti generano un quarto delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE.

Inoltre secondo l’Osservatorio Nazionale sharing mobility i programmi di sharing contribuiscono alla riduzione del numero di veicoli privati in circolazione.

Infine è fondamentale la Zona 30, uno strumento urbanistico che contiene diversi provvedimenti  integrati e che merita un approfondimento a parte.

cartello bicicletta

Questi dati servono a spronare le amministrazioni delle città a realizzare infrastrutture mirate. A questo proposito ci sembra interessante citare l’esempio italiano di Bologna, la prima grande città ad essere diventata Città 30, grazie ad un’amministrazione che ha saputo con coraggio sfidare anche l’impopolarità che fisiologicamente nasce davanti ad un cambiamento.

La mobilità attiva in Italia, dati alla mano

Per capire a che punto è la mobilità attiva in Italia è sufficiente un’osservazione empirica: il nostro è il paese con più auto procapite di tutta Europa (65 ogni 100 abitanti), rispetto ai dati di Barcellona (41 ogni 100 abitanti) e di Parigi (45 ogni 100 abitanti)  Questo significa concretamente che almeno il 65% degli italiani si spostano in macchina, rinunciando a spostarsi a piedi o in bicicletta.

In Italia la mobilità attiva è monitorata da PASSI (Progressi nelle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) che analizza la percentuale di popolazione che si muove in modo attivo.

PASSI indaga, attraverso interviste campionarie stratificate per sesso ed età, gli stili di vita della popolazione italiana tra i 18 e i 69 anni e rivela che nel biennio 2021-2022 il 42% delle persone ha usato la bicicletta o si è spostato a piedi per andare al lavoro, a scuola o per gli spostamenti quotidiani.

C’è quindi ancora molto lavoro da fare, perché le abitudini sono difficili da sradicare, come la tendenza a sentirsi “comodi” dentro l’auto. Ma cosa rende l’uso dell’auto in città così indispensabile? Un problema di abitudine, di pigrizia mentale, a non solo: anche la percezione di insicurezza sulle strade e la mancanza di strutture adeguate fanno la loro parte perché chi va in bicicletta ha poco spazio dedicato e chi vuole muoversi a piedi è ostacolato dalle auto parcheggiate sui marciapiedi o dall’ aria inquinata e questo non incoraggia il cambiamento.

 
 
 
 
 
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Cosa ci frena

Nelle nostre città la cultura auto-centrica frena il cambiamento e non si tratta solo della mentalità dei cittadini ma anche delle stesse amministrazioni. Del resto lo stesso Nuovo Codice della Strada ha varato provvedimenti che non comprendono la riduzione della velocità e non incoraggiano la realizzazione di piste ciclabili e Zone 30. Su queste basi il cambiamento non può che essere difficile, ma città come Olbia e Bologna ci stanno provando e a sorpresa con diversi colori politici, a riprova che le divergenze vengono superate quando si capisce che la salute è un bene trasversale che interessa tutti.

Cosa serve per cambiare

La Città 30 è uno strumento urbanistico che contiene diversi provvedimenti, a partire dalla riduzione della velocità e al ripensamento dello spazio urbano. I vantaggi della Città 30 sono moltissimi e innescano un giro virtuoso: tanto più gli spazi sono a misura di persona e tanto più le persone sono incentivate a muoversi a piedi o in bicicletta, lasciando l’auto a casa. A Milano si sta lavorando sulla riqualificazione delle piazze, sulle strade scolastiche (una strada adiacente a una scuola in cui viene vietato il traffico degli autoveicoli) e sulle piste ciclabili, insieme all’istituzione di Area B.

pista ciclabile

Ancora però fa fatica a imporsi la visione della Città 30. E’ una questione di tempo? Gli esempi delle altre città europee fanno sperare di sì, ormai il tema è dibattuto e non si può più ignorare. Ci sono i dati, ci sono i risultati: ora è solo un tema  di volontà politica.

Uso della bicicletta: due esempi concreti di promozione della mobilità attiva

Se il cambiamento è lento, ci sono sempre delle persone che trovano nuove idee per guardare avanti. Degno di nota è Scintilla cicloprogetti, un gruppo di professionisti appassionati di biciclette, che lavorano per promuovere e diffondere la cultura della bici.

Scintilla realizza dei cicloprogetti come “Dottò”, un’iniziativa nata per dotare i grandi eventi di rastrelliere mobili e custodite, cosa che permette a tante persone di lasciare a casa l’auto e recarsi al loro concerto preferito in bicicletta; inoltre Scintilla si occupa anche di presentare le pratiche progettuali per far installare le rastrelliere davanti agli edifici residenziali, commerciali e agli uffici. Un altro progetto è “Lontano non esiste” di Decathlon che con un concorso fa scoprire alle persone che una città come Milano si può girare facilmente a piedi e che la resistenza a rinunciare all’auto è soprattutto un tema culturale.

C’è poi C40, una rete globale di 100 sindaci delle principali città del mondo che si uniscono per affrontare la crisi climatica e che con il Comune di Milano porta avanti il progetto “Milano futura ora”, un piano di iniziative dedicate agli spazi pubblici per aumentare il benessere delle persone.

Perchè consideriamo gli spostamenti una perdita di tempo?

La mobilità attiva fa bene. Questo semplice assioma contiene tutto quello che serve per capire cosa significa muoversi attivamente in città. Prevenzione, benefici ambientali, sociali ed economici sono il motore di un valore che tutti dovremmo fare nostro.

Sui benefici economici bisogna soffermarsi. Muoversi a piedi o in bicicletta comporta un vantaggio diretto (si sta meglio e si risparmiano tutti i costi per mantenere un’auto o per pagare i mezzi pubblici) e uno indiretto (si riducono traffico e inquinamento): in entrambi i casi muoversi attivamente riduce i costi, soprattutto quelli sanitari, come logica vuole.

Donatella Sciuto, la rettrice del Politecnico di Milano, ha dichiarato al Corriere della Sera  che ha scelto di fare i suoi abituali spostamenti sempre e solo a piedi. Si chiamano “camminatori urbani” e sono un perfetto esempio di attuazione della mobilità attiva. I camminatori urbani hanno capito che gli spostamenti non sono una perdita di tempo ma un’occasione da sfruttare e se persone autorevoli danno l’esempio allora si può pensare che il cambiamento sia possibile, per i cittadini e per le istituzioni. Camminare e pedalare: non costa nulla e migliora la vita delle persone e delle città.


* Dottoressa Laura Adelaide Dalla Vecchia

  • Specialista in Cardiologia
  • Presidente S.I.C.O.A. (Società Italiana Cardiologia Ospedalità Accreditata)
  • Direttore di Istituto – IRCCS Isituti Clinici Scientifici Maugeri Spa SB, Milano
  • Direttore di Istituto – IRCCS Istituti Clinici Scientifici Maugeri Spa SB, Tradate (VA)
  • Direttore di Istituto – Isituti Clinici Scientifici Maugeri Spa SB, Lissone (MB)

Bibliografia