Economia circolare contro lo spreco alimentare: come gli scarti possono diventare risorse
21/04/2025
La mela ammaccata, il prodotto vicino alla scadenza, il cibo che avanza in una mensa, la produzione eccessiva di scorte, quante sono le forme di spreco alimentare che ciascuno di noi provoca? E come può l’economia circolare ridurre il problema?
Secondo la definizione del Parlamento Europeo l’economia circolare è
“un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile”
Una definizione questa che dice già tutto quello che serve per capire che siamo di fronte ad una sfida globale che dobbiamo assolutamente vincere: agire sullo spreco e far sì che le aziende, gli esercizi commerciali e i consumatori finali diventino degli attori consapevoli del loro ruolo nello sviluppo sostenibile.
Se il concetto di perdita e scarto si applica su tutti i settori che consumano risorse (pensiamo solo all’elettronica, le plastiche, il tessile), un’attenzione particolare va data allo spreco alimentare, che si distingue perché universale: il cibo riguarda il 100% della popolazione mondiale.
Come combattere lo spreco e trasformarlo in risorsa? E’ un lavoro di squadra in cui tutti noi dobbiamo fare la nostra parte.
Cos’è lo spreco alimentare e perché è un problema?
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) definisce lo spreco alimentare come
“la diminuzione della quantità o della qualità degli alimenti derivante dalle decisioni e dalle azioni dei rivenditori, dei servizi alimentari e dei consumatori”
La parola chiave è dunque diminuzione dei consumi e questo ci sembra un ottimo punto di partenza per addentrarci nel problema dello spreco. Il paradosso di produrre beni alimentari che poi vengono in parte sprecati viene spiegato molto bene dalla Ellen Mac Arthur Foundation, che scrive come la filiera della produzione di cibo possa venire ottimizzata sia studiando le fonti dello spreco sia redistribuendo il surplus alle persone che ne hanno più bisogno. Sempre per la fondazione, il sistema alimentare è responsabile di oltre il 20% delle emissioni globali di gas serra.

Ma cos’è lo spreco oltre i dati e le definizioni? Buttare via il cibo è un problema economico, ambientale per le emissioni di CO2 ma anche morale, perché crea un cortocircuito fra chi ha troppo e chi non può permettersi due pasti al giorno. Un paradosso stridente che un paese civile non può permettere.
Gli sprechi di cibo in Italia
Il WWF fornisce dati puntuali sulla misura del fenomeno dello spreco alimentare. Il report appena aggiornato dice che in Italia solo nel 2024 è stato sprecato quasi il 10% in più di cibo rispetto all’anno precedente e quindi ogni italiano ha buttato 200 gr in più ogni mese.
Questi dati sono sicuramente sconfortanti ma allo stesso tempo rappresentano un importante richiamo all’azione e alla solidarietà. È un diritto universale avere un accesso equo e dignitoso del cibo, e questa consapevolezza può aiutarci a cercare soluzioni per ridurre le disuguaglianze alimentari. Questo vale in Italia come in qualsiasi altro paese del mondo. Intanto anche per noi la riduzione dello spreco alimentare è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030.
Economia circolare: la soluzione allo spreco alimentare?
Lo spreco alimentare si basa su una filiera che va dalla produzione e trasformazione di cibo fino alla tavola del consumatore finale.
- L’azienda che produce pasti freschi per la grande distribuzione può avere ogni giorno delle eccedenze che finiscono al macero;
- Il rivenditore come la panetteria può ritrovarsi la sera con un avanzo di pane e focacce che il giorno dopo sarà invendibile;
- Il consumatore al supermercato può cedere alle lusinghe degli sconti e dei punti-premi e si ritroverà a comprare più del necessario.
Tutte queste situazioni sembrano difficili da risolvere ma non è così: mettendo in pratica una strategia circolare e quindi un insieme di azioni integrate si crea una sinergia e un circolo virtuoso che fa la differenza.
Ma quali sono concretamente queste azioni? La prima è prevenire: prima di produrre determinate quantità, è fondamentale che le aziende pianifichino le vendite, evitando le eccedenze. Stesso discorso vale per i rivenditori, che decidono di rinunciare ad avere il bancone sempre pieno per dare un’idea di opulenza e si approvvigionano solo di quanto effettivamente vendono. Il consumatore infine può fare una spesa consapevole rinunciando ad un frigo sempre pieno. Inoltre può comprare i prodotti a km0 o direttamente dal produttore, che sono quasi sempre sfusi e questo permette di prendere solo il necessario.
Le altre due azioni potenti sono valorizzare e riutilizzare: significa trasformare gli scarti alimentari in alimenti secondari (ad es. mangimi animali) e donare il cibo in eccesso a organizzazioni benefiche. Poi si possono riutilizzare gli avanzi usandoli per il compostaggio o per le coltivazioni.

Qui arrivano in aiuto delle app innovative che mettono in rete i consumatori con i rivenditori e che meritano un discorso a parte.
La normativa contro lo spreco alimentare
In Italia Il 14 settembre 2016 è una data molto importante per lo spreco alimentare: viene infatti varata la Legge 166/2016, conosciuta anche come “Legge Gadda” che ha l’obiettivo di ridurre lo spreco di cibo e farmaci, favorendone il recupero e la donazione ai fini di solidarietà sociale.
Per fare questo ha semplificato il quadro normativo delle donazioni e varato incentivi fiscali. In parallelo ha promosso la valorizzazione degli scarti per fare compost, mangimi e anche energia. È infine intervenuta sul ciclo di vita dei prodotti, aggiungendo la definizione “preferibilmente entro”, per indicare il termine fino al quale un alimento mantiene le sue qualità.
Consigli utili per i consumatori: come ridurre lo spreco alimentare
Nella catena che va dalla produzione, trasformazione, distribuzione, somministrazione e consumo, il ruolo del consumatore finale può sembrare poca cosa ma in realtà è un agente di cambiamento fondamentale per combattere lo spreco alimentare.
Cosa può fare concretamente chi va a fare la spesa?
Ci sono tanti consigli utili che il consumatore può seguire e mettere in pratica grazie ad un acquisto consapevole e critico:
- Controllare l’acquisto: quante volte si compra di più di quanto serve? L’eccesso di acquisti può avvenire a causa di pubblicità o promozioni e offerte del supermercato, che spingono il cliente a consumare più del necessario.
- Comprare prodotti esteticamente imperfetti: a volte basta che una lattina sia leggermente ammaccata per non metterla nel carrello e mandare il prodotto direttamente al macero.
- Comprare a km 0 o direttamente dal produttore: questo evita il trasporto continuo su gomma di prodotti che provengono da grandi distanze quando si possono trovare le stesse cose vicino ed essendo generalmente prodotti sfusi si acquista solo il necessario
- Usare le nuove tecnologie: parliamo delle app innovative che mettono a contatto aziende e rivenditori con i consumatori finali o startup che recuperano gli avanzi creando ad esempio una cellulosa dalle bucce delle arance o usando i fondi del caffè per far crescere piante e ortaggi.
- Usare gli avanzi per fare nuove ricette: questo è un gesto che può essere anche molto divertente. Le ricette sono tantissime, basti pensare alla ribollita, il famoso piatto toscano che utilizza pane raffermo, oppure si può fare una gara culinaria, una cena condivisa di avanzi e altre cose per fare del cibo avanzato un pasto allegro e antispreco.
Cosa possono fare le aziende per ridurre gli sprechi?
Le aziende sono il motore nell’attuare strategie che riducano l’esubero di cibo, e grazie alla Legge Gadda oggi hanno delle agevolazioni per affrontare concretamente il problema.
Un esempio concreto è la Fondazione Barilla, che promuove una campagna contro lo spreco alimentare con il suo “Libro del Risparmio” che elenca 120 azioni utili da fare per valorizzare il cibo. Il libro insegna a conservare, preparare, acquistare e consumare. Un’iniziativa questa di grande concretezza che aiuta le famiglie a risparmiare anche 500 euro all’anno.
Ma non c’è limite alle cose che si possono inventare: contest, corsi, team building in cucina… sta anche alla creatività di un’azienda aggiungere altri tasselli per costruire quella Responsabilità Sociale di cui si fa portatrice.
Le PMI combattono lo spreco alimentare: intervista agli chef Raffaele Minghini e Sauro Ricci del ristorante vegetariano Joja di Milano
Lo spreco alimentare è una piaga sociale e ambientale di grandissima rilevanza e per capire cosa significa è sempre utile guardare l’esempio di chi si impegna in prima persona a combatterlo. Ci siamo quindi rivolte ai due chef del ristorante vegetariano di Milano Joia per capire come affrontano questo problema.
Quanto è presente il tema dello spreco alimentare nella quotidianità del vostro lavoro in cucina?
Il nostro lavoro si basa sull’economia circolare e il contrastare e minimizzare lo spreco alimentare è uno degli obiettivi principali della nostra attività.
La nostra cucina è vegetariana e per scelta abbiamo ridotto il numero di piatti in carta per poter lavorare sulla freschezza giornaliera assecondando le peculiarità di ogni singolo giorno di lavoro. D’altro canto cambiamo i menu più spesso rispetto al passato, ogni 6/8 settimane, per assecondare ciò che la terra offre localmente e fornire sempre proposte diverse ai nostri ospiti.
Esistono delle strategie che adottate per limitare gli sprechi? Avete qualche esempio concreto che potete raccontarci?
La prima strategia che adottiamo è scegliere fornitori sensibili che producono solo prodotti di stagione e che siano realtà che conosciamo e possiamo verificare. Possibilmente vicini a noi. Ordiniamo solo ciò che all’effettivo andremo a trasformare, ottimizzando le consegne settimanali che sono due o tre su cinque giorni di apertura.
Inoltre se a fine giornata ci troviamo ad avere degli avanzi, che sono ancora freschi ma non più all’altezza della nostra offerta, allora li proponiamo ai nostri 15 dipendenti. Infine coinvolgiamo i clienti: quando avanza il pane offriamo loro un sacchetto di carta per portarlo a casa. Una forma questa di sensibilizzazione che riguarda tutte le persone coinvolte nel ristorante.
Secondo voi, cosa può fare un piccolo ristorante o una mensa per adottare un approccio più circolare nella gestione del cibo?
Che un ristorante sia piccolo o grande deve prestare la stessa attenzione nel pianificare le scorte e cercare di ripensare gli avanzi in modo creativo.
Pensiamo ad esempio a tutte le parti dei vegetali che vengono buttate: noi ad esempio utilizziamo la parte dura del gambo degli asparagi per creare una salsa. Oppure promoviamo delle fermentazioni che possono essere consumate in seguito con eventuali abbondanze della stagione.

Quanto incide la formazione del personale o la sensibilità dei clienti su questi temi? Avete visto un cambiamento negli ultimi anni? Vogliamo capire se e come la cultura antispreco si sta diffondendo nel settore.
La sensibilità del personale è fondamentale. A noi non basta un rapporto di lavoro in cui vengono svolte delle mansioni ma è necessario che i nostri valori vengano condivisi. Questo porta i nostri collaboratori a descrivere ad esempio i piatti con cura e attenzione. Lo stesso vale per i clienti che, scegliendo un ristorante vegetariano di alta qualità, si dimostrano sensibili a un modo di cucinare che tiene conto di tutti i valori del cibo, tra cui il potenziale nutritivo di una materia prima. Secondo la nostra esperienza ci sembra che la sensibilità dei clienti stia aumentando e sia un trend generale. Oggi ci sono iniziative e app che contribuiscono alla cultura antispreco e questo diffonde una maggiore consapevolezza generale.
Che ruolo gioca la creatività in cucina nel trasformare uno scarto in risorsa? Per valorizzare la cucina come spazio di innovazione, non solo di esecuzione.
Tutte le cose che facciamo non si basano mai su una semplice esecuzione. La nostra cucina è prima di tutto ricerca, valorizzazione dei prodotti e sperimentazione. La creatività è fondamentale e un esempio concreto è produrre polveri colorate per arricchire un piatto partendo dall’essicazione della buccia della zucca o le foglie del cavolo viola.
Se poteste lanciare un messaggio a chi lavora nella filiera alimentare, quale sarebbe?
Il messaggio è di non limitarsi ad essere dei buoni esecutori in cucina ma scegliere sempre con cura i fornitori, stabilire con loro un rapporto di fiducia, rendendoli partecipi dei propri desideri nei confronti dei menu che si vanno a delineare nelle successive stagioni e cercando di immedesimarsi con empatia in quelle che sono le difficoltà o imprevisti di chi coltiva la terra. Preferire sempre prodotti di stagione; lavorare sull’ingrediente per capire come utilizzarlo interamente senza buttare gli scarti. Sensibilizzare il cliente sul valore del cibo, il suo significato in termini di necessità specifiche e differenti di cui il nostro corpo ha bisogno nelle diverse fasi della vita e dell’anno.