The creative woman: intervista a Sonia Milan

5 Marzo 2020 Sottosopra comunicazione

The creative woman: intervista a Sonia Milan

L’intervista di questa settimana è stata una di quelle in cui abbiamo riso di più: Sonia Milan è una professionista vulcanica, divertente ed estremamente preparata con cui parlare di comunicazione e digital.
Abbiamo conosciuto Sonia qualche anno fa durante una formazione e l’abbiamo incontrata di recente a un evento che riunisce creativi da tutta Italia. Non abbiamo perso l’attimo e le abbiamo proposto un’intervista per il nostro blog.
Sonia è una consulente di comunicazione digitale, SEO copywriter, esperta di reputation online e social trainer, fondatrice di The Creative Brothers, di Tinder Me e di Hotel per adulti.
Professionista del settore da anni, crede nel valore dei contenuti, ha una capacità innata nel raccontare storie e parlando con lei non si rischia che cali la palpebra: tanta sostanza e poca supercazzola.
Piena di idee, sempre in movimento e per nulla banale in ciò che dice e pensa, la frase che ci ha detto prima di iniziare l’intervista non lascia spazio a dubbi:

Io sono matta come un cavallo fondamentalmente

Iniziamo con una presentazione veloce: chi è Sonia?
Mia madre me lo chiede sempre (ride) e spesso mi dice “non potevi fare un lavoro più facile da descrivere?”. Sono un consulente di comunicazione digitale, che come sapete anche voi, è un ambiente estremamente vasto: alcuni si occupano di attività specifiche e verticali, invece io ho competenze trasversali. Questa esigenza nasce perché molte aziende mi chiamano e hanno bisogno di una consulenza a 360° per fare un lavoro completo: dall’UX di un sito, alla SEO, ai social. Non mi definisco però una tuttologa, e dove non arrivo io, cerco di consigliare al cliente a chi rivolgersi per coprire tutte le aree di intervento. 

Tra le tante cose, ti occupi anche di reputazione online. Quanto e perché è importante per brand e aziende?
È importante perché da anni il web è diventato il nostro biglietto da visita. Ormai è automatico: quando qualcuno ti parla di un professionista, vai subito a “indagare” online mentre una volta bastava quel passaparola. E vale per tutti: dal fornitore al cliente, fino a persone che conosciamo durante un aperitivo. Purtroppo o per fortuna, abbiamo tutti un’immagine online che vale esattamente tanto quanto quella nel mondo fisico, che curiamo ogni giorno. Ecco, dovremmo fare lo stesso con la nostra reputazione online perché spesso è la prima che le persone vedono di noi e partendo da quella decidono se contattarci o meno. Avere un’immagine online bella o brutta, o non averla, è comunque avere un’immagine e per le aziende funziona allo stesso modo: se le cerchi online e non le trovi, ti fai delle domande fino quasi a dubitare della loro esistenza. Oggi la reputazione online è troppo sottovalutata e spesso le aziende non controllano cosa dicono ex-dipendenti o consumatori di loro in rete, perché pensano che un sito vetrina online basti e avanzi. Invece bisogna sempre sapere cosa dicono di noi, su forum, social o sottoboschi del web: la reputation è la prima cosa da guardare e salvaguardare.

Un caso particolare (senza fare nomi!) in cui ti sei a trovata a gestire una situazione particolare di online reputation compromessa?
Seguivo una società che stava facendo dei lavori di ristrutturazione negli spazi esterni all’azienda. Durante i lavori un operaio perse la vita in seguito a un incidente e l’azienda fu indagata con tanto di notizia pubblicata sui giornali locali. Seppur scagionata nel giro di pochissimo tempo, il danno ormai era fatto: cercandola in rete i risultati restituiti riguardavano solo l’accaduto. Facendo poi parte del mondo dell’edilizia, viene da sé che molti clienti smisero di rivolgersi a loro, nonostante fossero privi di responsabilità. Spesso anche problemi esterni posso ledere un’azienda, soprattutto online: sul cartaceo tutto sparisce in un paio di giorni, online invece no e bisogna cercare soluzioni anche se non sempre possono rivelarsi efficaci. 

PER ESSERE SEMPRE AGGIORNATI BASTA NON AVERE UNA VITA SOCIALE

In un articolo mi è capitato di leggere che hai detto che “si passa quasi più tempo ad aggiornarsi che a lavorare”, affermazione che condividiamo. Come si “aggiorna” Sonia e soprattutto, c’è qualche trucco per non rimanere indietro?
La risposta politicamente scorretta è “basta non avere più una vita personale” (ride). È un dato di fatto: nel nostro settore le cose cambiano nel giro di poche settimane. Oggi più della metà delle cose di qualche anno fa non è più attuale. Il problema di base è che questo settore macina aggiornamenti in maniera velocissima e capita di perdersi i pezzi. La soluzione credo sia l’opposto di ciò che faccio io (ride): andare sempre più verso la direzione di specializzarsi in maniera verticale. Una scelta sicuramente difficile da spiegare ai clienti, che spesso pensano che il digitale sia un magma unico, ma per noi che lavoriamo nel settore sarà la direzione più consona da prendere, soprattutto per chi è trasversale: chi fa SEO, social e siti web altrimenti, farà sempre più fatica ad aggiornarsi su tutti gli argomenti di cui tratta e su qualcuno rimarrà indietro suo malgrado.

 Nel 2015 nasce The Creative Brothers, un progetto editoriale che racconta il mondo dei “creativi” attraverso interviste, racconti e immagini? Come è nata l’idea e perché?
Nasce da Mauro Farina, un mio caro amico e appassionato di contenuti e web. Mauro si è reso conto che in Italia un format simile, che all’estero stava invece riscuotendo molto successo, non esisteva. Su questo tipo di format molte grandi aziende all’estero investono anche (per esempio BMW). In Italia sui contenuti abbiamo ancora poco: chi scrive attinge dai press kit e usa foto e informazioni già confezionati, spesso si limitano a copiarli e incollarli. Il risultato? Venti articoli tutti uguali che non rendono granché. Ci è piaciuta l’idea di offrire al pubblico un magazine che focalizzasse il racconto su storie di vita che vale la pena leggere e raccontare, anche controcorrente se vogliamo: oggi gli utenti leggono post social, brevi e sintetici, noi proponiamo invece contenuti più lunghi per chi vuole approfondire e leggere contenuti di qualità. I nostri racconti sono arricchiti da foto scattate dai nostri fotografi, che seguono l’intervistato per un giorno, per rappresentarlo al meglio e a fare le interviste vanno le persone più adatte: un lavoro certosino e costoso per conoscere le persone dal vivo. È un magazine con un taglio e una qualità che al momento in Italia non c’è.
(The Creative Brothers ha recentmente vinto 2 premi Mediastars: miglior portale italiano e la migliore direzione creativa, ndr)

Sonia Milan | Immagine

“Storytelling” è una parola molto inflazionata in questi ultimi anni. Come deve essere, secondo te, il vero storytelling di qualità? Andando avanti, cosa differenzierà i più dai meno bravi sul web?
L’accuratezza e la qualità. Basta comunicati stampa: bisogna approfondire. C’è posto per tutti: per chi vuole leggere sui social e per chi invece su un magazine. Uno dei più bei complimenti ricevuti, dal titolare di una grossa agenzia, è stato che per leggere gli articoli di The Creative Brothers è arrivato tardi a una riunione.

Come pensi si possa far percepire alle aziende l’importanza del branded content? Ci sono ancora troppi clienti saldamente ancorati alla comunicazione più tradizionale, più pubblicitaria, col prodotto in primo piano. Tu come riesci a portare le aziende verso un altro modo per comunicare un brand?
Cerco di spiegare al cliente che una cosa non esclude necessariamente l’altra. In ogni strategia possono coesistere più strumenti: la comunicazione di prodotto va mantenuta, e il branded content la completa perché va a stimolare reazioni diverse. Comunicare attraverso lo storytelling va al di là del mero scopo commerciale e riesce (se fatto bene) a coinvolgere il campo emozionale: agisce su diversi meccanismi risultando molto efficace. Le aziende più lungimiranti, soprattutto quelle grandi, sanno come funziona questo tipo di comunicazione, ovvero che “colpisce” una fetta di pubblico che non ha bisogno di quel prodotto in quel momento ma che magari acquisterà in futuro. È una comunicazione più difficile da spiegare al cliente, ma quando la comprende si appassiona.

TINDER È LA FIERA DEL “CARPE DIEM”

Il 2017 è invece l’anno di Tinder Me, il servizio per creare il profilo Tinder perfetto. Questa di idea invece come è nata? Ma soprattutto, ha riscosso seguito e successo?
Io sono matta come un cavallo fondamentalmente (ride). Tinder negli anni è diventato un fenomeno piuttosto grosso rispetto ad altre dating app e per il lavoro che faccio per me è necessario capire questi fenomeni, come funzionano e perché, considerando anche che su Tinder, per esempio, si possono fare campagne pubblicitarie.
Navigando su quest’app, oltre a essermi fatta delle grasse risate durante le conversazioni, mi sono resa conto che molti uomini, che lamentavano di non ricevere match, avevano un profilo e una bio scandalose. E qui si torna alla reputazione online: se una donna vede il tuo profilo, con quella gallery di foto di te sbronzo o che ti stai vomitando addosso, anche se a te quella foto sembra simpatica, la donna ne avrà una percezione diversa. Alcuni profili sono privi di bio, altri con descrizioni sgrammaticate o con frasi fatte tipo “carpe diem”. Ho iniziato a dare suggerimenti nel corso di alcune conversazioni dopo un match e a un certo punto mi sono detta: basta dare consigli gratis. E allora ho messo su il servizio di consulenza, nato davvero da un’idea estemporanea. Mi sono detta, perché no? Oggi la maggior parte sceglie la lezione one to one o i corsi in streaming per mantenere la riservatezza. 

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