Si chiude oggi ITB Berlin, la più grande fiera del settore turistico e viaggi al mondo. Sfogliando i temi portati quest’anno dagli espositori italiani, la parola sostenibilità si ritrova nei claim di quasi tutte le regioni italiane. Che si tratti di uno sforzo sincero o di un rebranding greenwashed in salsa climate change del buon vecchio “vieni a scoprire la nostra natura” resta da capire, ma di sicuro la sostenibilità è il trend di settore quest’anno.
Ma cosa si intende quando si parla di sostenibilità in ambito turistico? Questa settimana Siena è diventata la prima città d’Italia ad essere certificata per il turismo sostenibile. La certificazione è arrivata dal Global Sustainable Tourism Council (GSTC), l’ente certificatore del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) e dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (Unwto). Il GSTC si occupa di definire le linee guida per la sostenibilità del settore turistico ed emette certificazioni per territori o aziende turistiche. In Italia i territori certificati sono tanti: dalla Valsugana al sud della Sardegna, dall’Alta Badia alle montagne di confine della Sella Nevea (tra Tarvisio e la Slovenia). I criteri in gioco sono diversi e si sviluppano attorno ai principi del turismo sostenibile definiti dal UNWTO.
Cos’è il turismo sostenibile?
L’agenzia delle Nazioni Unite definisce il turismo sostenibile e responsabile in base al suo impatto sociale, economico e ambientale presente e futuro. Dev’essere in grado di soddisfare le esigenze dei visitatori, rispettando l’ambiente e favorendo uno sviluppo – a sua volta sostenibile – delle comunità locali. Una sostenibilità definita su tre assi: ambientale, economico ed etico.
Sostenibilità ambientale
È un turismo che rispetta il territorio, ha un basso impatto sugli ecosistemi locali e mette al centro la preservazione di biodiversità e risorse. Ancora meglio se per arrivare a destinazione e per spostarsi si utilizzano mezzi a basse emissioni di anidride carbonica.
Sostenibilità economica
Il turismo responsabile promuove la condivisione del benessere economico con le popolazioni locali, creando nuovi posti di lavoro e fornendo mezzi di sussistenza adeguati e infrastrutture a beneficio della popolazione locale.
Sostenibilità Etica
lI turismo sostenibile garantisce una migliore integrazione sociale tra visitatori e abitanti tutelando il patrimonio storico, artistico e culturale del posto.
FOCUS: Il caso dell’industria sciistica italiana, perché sciare in Italia non è più sostenibile
In questi giorni è uscito Nevediversa 2023, il report di Legambiente che attesta la situazione degli impianti sciistici in Italia. I risultati sono prevedibilmente desolanti. La crisi climatica e l’aumento delle temperature hanno un impatto fortemente negativo sul turismo invernale e di conseguenza sull’ambiente: “L’Italia è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale, con il 90% di piste innevate artificialmente”. Il sistema di innevamento artificiale comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio. Attualmente, gli impianti sciistici hanno un consumo idrico annuo pari a quello di una città da un milione di abitanti. “L’innevamento artificiale non è una pratica sostenibile, fa male all’ambiente ed è uno sperpero di soldi pubblici. È tempo di pensare ad un nuovo modello di turismo invernale e a reindirizzare meglio le risorse del PNRR”. Secondo l’associazione, le olimpiadi di Milano Cortina non miglioreranno il quadro. Con impianti in ritardo e procedure accelerate, il rischio è quello di un impatto ambientare e sanitario ingente. Il report chiude però con esempi virtuosi di territori montani che si sono reinventati mettendo al centro la sostenibilità: meno neve artificiale e più escursioni e trekking con guide alpine, parchi avventura, ciaspolate, sci alpinismo e passeggiate enogastronomiche.
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Esempi virtuosi di turismo sostenibile nostrano
Il risvolto positivo è che l’Italia è foriera di esempi virtuosi e possibilità di viaggiare responsabilmente. Il nostro paese è caratterizzato da un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo sia per numero di specie animali e vegetali, sia per l’alto tasso di endemismo (presenza di flora e fauna autoctona). La geografia italiana è caratterizzata da ben 37 habitat diversi!
Un territorio ricchissimo che è possibile esplorare a piedi su uno dei tantissimi cammini d’Italia, mappati qui dal Ministero della cultura. Gli appassionati sono sempre di più anche grazie al lavoro di divulgazione sostenuto da community storiche come Cammini d’Italia, quest’anno media partner di Fa La Cosa Giusta, o influencer di settore come Alessandro Carnevali. In arte The Walking Nose, Carnevali è guida ambientale che propone cammini guidati in Italia ed all’estero, condividendo su youtube la gioia del camminare e incoraggiando chiunque ad iniziare.
Il cicloturismo è un’altra opzione tra le nostre preferite. In questo senso sono tanti gli operatori del settore, da chi si occupa di day tours a chi organizza viaggi di una settimana o condivide tracce per tour self-guided. Due esempi molto milanesi sono la community di Turbolento e la nostra bike-influencer preferita Ilaria Fiorillo aka Milano in Bicicletta, che consiglia itinerari cittadini da fare da soli ma anche bike tour guidati in Puglia in estate.
Un’altra attività nata negli ultimi anni (ma che si appoggia su una tradizione millenaria) è il foraging o “andar per erbe”. Spesso associato al forest bathing, il “bagno di foresta”, si tratta della pratica di raccogliere, senza danneggiare la natura, il cibo che cresce spontaneo nei boschi di montagna, nelle foreste, tra prati e campi, nelle acque dei laghi, lungo gli argini dei fiumi e nelle lagune. Corsi o passeggiate a ritmo lento che permettono di apprezzare l’ambiente, le sue dinamiche e i suoi ecosistemi. Una pratica di movimento e osservazione dei dettagli naturalistici in parte assimilabile a quella del Bird Watching. La rappresentante forse più nota in Italia è Valeria Mosca, che ha raccontato il foraging anche in tv ai giovani cuochi di Antonino Chef Academy. Con il team di woo*ing – wild food lab offre corsi ed escursioni in natura.
Per i viaggiatori più fricchettoni e idealisti, c’è anche l’opzione della breve permanenza in un delle tante comunità autogestite italiane. Chiamate anche eco villaggi, sono luoghi come Gaia Terra o il Centro Panta Rei, che organizzano settimane residenziali per imparare a praticare agricoltura sostenibile, costruire con materiali naturali, consumare in maniera critica, fare vita di gruppo, alimentarsi consapevolmente. Il tutto in nome dei principi di tutela del territorio e accoglienza nei confronti della diversità culturale.
Forme ibride: smart walking
Ma chi l’ha detto che per viaggiare in maniera sostenibile bisogna essere in vacanza? Un paio d’anni fa ci chiedevamo se il nomadismo digitale fosse per tutti in un articolo sullo smart working post pandemico. A posteriori possiamo affermare che per tutti non è, ma c’è chi ne ha fatto una nuova forma di lavoro ibrido. Abbiamo fatto una chiacchierata con Davide Fiz, in arte Smart Walker, che cammina la mattina e lavora al pomeriggio, alla ricerca di un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Fiz ha trovato una formula che gli ha permesso di riscoprire il turismo sostenibile e lento. Si muove fuori dai circuiti mainstream, nei piccoli borghi e a contatto con le comunità locali, alla ricerca di una vita attiva, all’aria aperta, fatta di movimento, sport, salute e alimentazione corretta. Con i suoi 20 cammini in 20 regioni, l’estate scorsa Fiz ha percorso ben 2500km. Quando l’abbiamo chiamato era in partenza per la seconda edizione: “Smart Walking coast to coast: cammini che attraversano – cammini che uniscono”. L’impresa ha il patrocinio dell’Associazione italiana per il Turismo Responsabile e l’obiettivo di “valorizzare territori che hanno bisogno di un turismo lento (i cammini) per rilanciarsi”. Abbiamo chiesto a Davide come incoraggia chi non ha mai camminato e ci ha risposto che per lui “almeno un cammino nella vita dovrebbe essere obbligatorio, com’era una volta per il servizio militare. Camminando c’è fatica, ma anche la possibilità di incontrare e parlare con persone molto diverse da noi.” Secondo Terre di Mezzo, i camminatori in Italia sono in aumento, quasi 60k nel 2021. Secondo Fiz “i cammini sono una grande risorsa turistica, possono aiutare a preservare il patrimonio immateriale e culturale di popolazioni che stanno scomparendo”. Quando gli chiediamo delle sue speranze per il futuro di questi territori non ha dubbi: “sono in arrivo tantissimi fondi con il PNRR, la speranza è quella che vengano investiti per portare servizi e infrastrutture agli abitanti delle piccole comunità per salvaguardare storia, territorio e tradizioni”.
Problematizzare il mito del borgo italiano
Nel suo I paesi invisibili – Manifesto sentimentale e politico per salvare i borghi d’Italia l’antropologa Anna Rizzo racconta i paesi e la provincia dei territori interni. Oltre al marketing, sono luoghi difficili da capire e da vivere. Anna Rizzo spiega a Rivista Studio come il marketing dell’abbandono a scopi turistici abbia creato un prodotto seducente costruito sul senso di colpa. Paesi abbandonati, dove ci si fa curare dai veterinari perché i medici non salgono, brevemente trasformati in borghi start-up o destinazioni esclusive per turisti locali e stranieri alla ricerca di “autenticità”. Rizzo racconta però che “chi affronta il ritorno all’area interna italiana in modo non turistico deve essere disposto a negoziare quello che noi non negozieremmo mai: l’assistenza sanitaria, un’ambulanza che arrivi in meno di un’ora, delle strade praticabili anche a gennaio, il diritto al trasporto pubblico, a una vita culturale, a un liceo per i figli che non sia a cinquanta chilometri di distanza.” Rizzo problematizza anche i nuovi bandi: “La corsa ai fondi e alle risorse finanziarie di questi bandi porta con sé il rischio di una grande speculazione. Con la sfida del riabitare e del ripopolare assisteremo a un atteggiamento predatorio. Non sarà un albergo diffuso o una spa di lusso a salvare i paesi. E quelle mancanze di cui parlavamo, compresi i servizi di base, sono colmate dal welfare familiare. A farsi carico delle cure e dell’assistenza agli anziani, degli spostamenti per raggiungere un ospedale, il medico o la posta, sono spesso le donne.”
Un’altra problematizzazione interessante sul tema: “Contro il mito del southworking (se viviamo a Milano ci sarà un perché)”
Tre consigli per viaggiare sottosopra in maniera sostenibile
Se dovessimo scegliere tre linee guida per viaggiare in modo sostenibile, indipendentemente dai territori che si sceglie di visitare, sarebbero questi:
- Scegli il treno: la tratta Milano – Roma genera 14kg di anidride carbonica se percorsa in treno, 66kg in auto e ben 94 in aereo.
- Per pernottamento, ristorazione ed escursioni scegli piccole realtà locali e non grandi catene. Se vuoi essere ancora più radical, evita Airbnb nelle città: è comodo ma la sua esplosione incontrollata è una delle cause dello svuotamento dei centri cittadini e della trasformazione delle città italiane ed europee in bomboniere per turisti. Se siete alla ricerca di territori o operatori certificati “Global Sustainable Tourism Council” li trovate tutti qui, altrimenti può essere un buono spunto quello di scegliere eco-hotel o alberghi sottratti alle mafie per il proprio pernottamento.
- Cerca di essere plastic free. In vacanza è più difficile, ma i residenti del posto saranno grati del tuo sforzo di evitare la plastica usa e getta.