Milano a 30km/h: 5 spunti per una comunicazione efficace

1 Marzo 2023 Sottosopra comunicazione

Milano a 30km/h: 5 spunti per una comunicazione efficace

È dello scorso gennaio la proposta, approvata in consiglio comunale, di prevedere un atto esecutivo della giunta meneghina teso a introdurre dal 1 gennaio 2024 il limite dei 30 km/h in quasi tutta la città.

Se l’introduzione delle prime zone 30 risale alla fine del secolo scorso, come ci ricorda Fiab, oggi diverse capitali europee hanno capito che non basta avere qualche strada a velocità limitata ma è l’intera città che deve assumere un’altra veste.

In Italia a Bologna lo scettro di primo capoluogo di Regione che ha deciso di introdurre dalla metà del 2023 il limite di 30 Km/h nella maggior parte delle sue strade, oltre quelle del centro storico dove è già in vigore.

Senza dimenticare Olbia che è stata la prima ad introdurre il limite di 30 km/h in ambito urbano a giugno del 2021.

La Spagna poi, con il nuovo codice della strada vigente da maggio 2021, ha imposto limiti di velocità molto più stringenti nei centri urbani per cui 30 Km/h è già il limite su tutte le strade con carreggiata unica e marciapiede e 20 Km/h su tutte le strade con carreggiata unica senza marciapiede (quindi vicoli e stradine dei centri storici).

A Milano c’è molta attenzione verso questa nuova sfida e l’associazione Sai che puoi? insieme a Legambiente hanno organizzato un incontro svoltosi il 22 febbraio che ha visto 150 partecipanti e ben di più in streaming: Città 30: istruzioni per l’uso.

C’era energia e partecipazione quel giorno nella splendida saletta di Cascina Nascosta che ha ospitato il convegno.

Sottosopra è stata invitata a offrire un contributo su modalità efficaci per comunicare questo delicato passaggio ai cittadini specialmente con l’obiettivo di farsi comprendere da coloro che non lo condividono.

Ispirandoci ai principi del nudge, abbiamo presentato 5 suggerimenti per noi sostanziali.

1. Cosa fa PAURA del cambiamento

Il cervello non ha paura di cambiare se sa verso dove andrà, la paura di cambiare entra in gioco quando si naviga nell’incertezza del dove si va e quindi del cosa succederà.

Un cambiamento (Milano a 30 km/h) attiva il bias dell’avversione alla perdita: ogni volta che un nuovo comportamento genera la perdita di qualcosa che possediamo o usiamo, il cervello ha paura, resiste, è reticente. Nel caso specifico esiste una percezione di perdita di autonomia individuale che si aggiunge alla percezione di perdita di tempo. Ma poiché non si conoscono gli effetti di una Milano a 30 km/h, le conseguenze incerte generano paura.

Esempio: arrivi alla fermata del bus e se non sai quando passerà, hai paura di aspettarlo. Se sai che tra 4 o 18 minuti passerà, non hai più paura e sei nelle condizioni di decidere se attenderlo o proseguire in altro modo.

2. SERVE DARE CERTEZZA

La paura non va banalizzata, serve tenerne di conto e possibilmente trasformare le incertezze in certezza. Questo a nostro avviso si può fare ad esempio quantificando la perdita.

E quindi bisogna avere il coraggio di dire che per andare in palestra servono 3 minuti in più, oppure per arrivare al ristorante 4 minuti in più… che poi è il tempo di un caffè.

Pensate a quelli che hanno dovuto convincere l’umanità che serviva una volta l’anno perdere un’ora di sonno quando in primavera si passa all’ora legale.

E invece come diceva François de La Rochefoucauld, scrittore e moralista del 17 sec, “confessiamo i nostri piccoli difetti solo per convincere gli altri che non ne abbiamo di grandi”.

3. UNA COSA POCO EFFICACE

Sul piano prettamente informativo citare i dati di morti e feriti per incidenti dati da velocità elevata è dovuto, sul piano della comunicazione la musica cambia. Perché purtroppo questi tragici numeri non destano emozioni significative, cioè capaci di attivare veri comportamenti. E ancor più grave, toccano quasi solo quelli che in famiglia o nel proprio giro vicino si sono confrontati con queste tragedie.

Basti osservare, infatti, come associazioni quali Airc (Associazione Italiana per la Ricerca su Cancro) raccolgano ben più fondi rispetto a quelle che si occupano di malattie rare. La ragione è la medesima: sono molti di più coloro che che hanno vissuto da vicino o in prima persona una storia di tumore, ed essendo coinvolte risultano più sensibili all’argomento. Se vogliamo citare i numeri di queste tragiche morti dobbiamo farlo restituendo un’identità vera alle persone decedute o incidentate. E quindi parlare di persone reali, delle loro storie, dei loro sogni infranti, come è avvenuto il 4 febbraio al flashmob “Basta morti in strada” in Piazzale Loreto.

4. CERCARE UN FRAME più emozionale

È sempre più necessario individuare un frame capace di toccare proprio la componente emotiva delle nostre identità e questo può avvenire puntando sull’IDENTIFICAZIONE: MILANO è DI TUTTI, MILANO SIAMO TUTTI.

Associare l’identità di un ciclista o di un pedone a persone a noi care può toccare meglio la componente emotiva di chi guida e rischia di mettere in pericolo gli altri.

Un esempio di identificazione emotiva potrebbe essere quella di dotare in un flashmob le persone in bicicletta di pettorine o targhe molto dirette: io sono tuo figlio, io sono tua sorella, io sono il tuo miglior amico. Abbi il coraggio di proteggermi, prenditi il diritto di proteggermi.

Milano non è solo di chi guida un’automobile, Milano è davvero di tutti.

5. I vantaggi di chi lo ha già fatto

Mostrare i vantaggi e anche cosa è successo lì dove lo hanno fatto è importante e in logica nudge si ispira all’ingrediente della NORMA SOCIALE che nel confronto con gli altri stimola comportamenti imitativi o emulativi (in questo caso in meglio).

I dati dicono che laddove questa rivoluzione è avvenuta i benefici superano gli svantaggi.

Peraltro visti i casi di successo anche all’estero, questa scelta significa anche decidere di essere Europa.

E noi siamo certe che Milano questa sfida sia pronta a giocarsela perché Milano è Europa.

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