Che ne è stato di Clubhouse?

22 Luglio 2021 Sottosopra Comunicazione

Che ne è stato di Clubhouse?

L'ascesa e il declino del social più esclusivo di tutti

All’inizio del 2021, il nuovo, esclusivissimo social Clubhouse era sulla bocca di tutti. Ma per quanto in tanti ne abbiano sentito parlare, sono pochi quelli che effettivamente hanno avuto occasione di usarlo.

Questo perché la piattaforma ha costruito la sua reputazione sull’esclusività: accesso solo su invito e unicamente per gli utenti iOS. La percezione comune di noi addetti ai lavori che l’abbiamo testata è che si tratti di un’app audio per fare networking e conversazioni piuttosto autoreferenziali. Sostanzialmente un misto tra un live podcast e LinkedIn. Un’opinione diffusa anche oltreoceano, come evidenziano gli articoli di Mashable, Vogue e Refinery29

Leggi di più: Clubhouse, un social verticale

In Italia, l’arrivo del nuovo social audio era stato accolto con entusiasmo. “Gli italiani amano Clubhouse” dicevano i fondatori Paul Davison e Rohan Seth durante il loro roadshow internazionale lo scorso marzo. Dopo gli Stati Uniti, l’Italia è il paese che aveva risposto meglio al lancio della piattaforma. Secondo i due fondatori, gli utenti italiani usavano Clubhouse “come fosse un podcast: basta un interesse in comune, un argomento suggerito dalla cronaca, per avviare un discorso”. Sul fatto che il nostro popolo sia chiacchierone, non avevamo dubbi. Ma che è successo dopo il boom di interesse iniziale?

Dopo gli Stati Uniti, l’Italia è il paese che aveva risposto meglio al lancio della piattaforma.

Finalmente disponibile anche per Android da maggio 2021, Clubhouse sta assistendo ad un crollo verticale dei download da marzo. Su iOS i download sono passati dai 9,6 milioni di febbraio ai 2,7 di marzo. Un crollo del 73%, peggiorato ulteriormente ad aprile con meno di un milione di download. Senza contare che una volta scaricata la app è comunque necessario attendere un’invito per poterla usare, quindi non tutti i download convertono poi in utilizzi attivi. E pensare che a febbraio gli inviti venivano venduti a cifre stratosferiche su Ebay.

Cosa è successo a clubhouse?

L’iniziale successo è sicuramente dovuto al particolare periodo storico in cui ci trovavamo. La pandemia e il susseguirsi di fasi di lockdown hanno creato terreno fertile per un social che si basa su interazioni vocali in diretta. Le condizioni sono però cambiate con la campagna vaccinale e la revoca delle principali restrizioni.

Nel corso del 2021, com’era prevedibile, i big players del mondo social hanno sviluppato degli strumenti integrati per fare concorrenza al neonato e sicuramente meno strutturato Clubhouse.  Twitter ha lanciato Spaces, il live audio per gli utenti che hanno più di 600 follower, il cui pubblico potenziale è quello dell’intera piattaforma Twitter. Spotify ha creato Greenroom: una copia di Clubhouse con un’interfaccia più carina. Anche Facebook con Live Audio Rooms e Discord hanno recentemente proposto la loro versione, mentre Slack, LinkedIn e Reddit di proprietà di Microsoft Corp stanno lavorando su prodotti simili.

Per rilanciarsi, i gestori della piattaforma hanno lanciato una collaborazione con TED. Nelle stanze dell’account TED Clubhouse gli ascoltatori potranno interagire con gli host su topic d’interesse in un formato domanda-risposta. Una mossa carina ma forse insufficiente per invertire la tendenza.

L’audio si conferma un medium senza tempo

Un flop completo? Forse in senso stretto, ma da un punto di vista sistemico è l’audio che ancora una volta ne esce vincitore. Dalla radio ai podcast passando per tutte le imitazioni di Clubhouse, l’audio è un medium intramontabile ed è qui per restare. La guerra tra piattaforme per aggiudicarsi i migliori creator e le interfacce più user friendly è già iniziata.

 

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